Il nostro maggior poeta dialettale, Odoardo Giansanti detto "Pasqualon", nel 1898, immaginando un suo incontro con Rabachèn, aveva composto e declamato per la città una poesia che così recitava :

"T'assmjarà ma'l por tu pedre.
Ch'l'era fra l'or e l'argent,
sempre ai gran divertiment,
in caroza p'la cità.
Pranz, cèn de là e de quà,
in teatre, dapartutt,
e te....ardott acsè tant brutt ??"



Il 21 Gennaio 2007, Maria Grazia Bui, figlia del Cav. ALDO BUI, fondatore del carnevale pesarese, dedica questa poesia piena di ricordi a tutta la cittadinanza in occasione della celebrazione dei 50 anni del Carnevale dei Ragazzi.

50 anni !! Carnevale dei ragazzi;
sì eravamo diventati tutti pazzi
quando da Bologna fu "esportata" fino a qua
la sorprendente allegra novità
da persone che facevan lavorare
la loro mente a mulinello per creare
una festa pulita semplice e speciale
che unisse tutti in modo assai normale.
Dal Cardinal Lercaro andarono un dì,
e chi se lo può scordar quel giorno lì,
S.Eccellenza Borromeo, vescovo della città
con certi amici insieme al mio papà,
per aver qualche delucidazione
e qualche linea per la programmazione
di un evento che, son sicura, là per là
non immaginavan la portata della felicità.
Sì perchè tutta la città fu un cantiere
di progetti, di slanci e di idee vere,
che avevano un solo scopo : divertire
i bambini e le famiglie unire,
perchè davvero eran tutti impegnati,
tutti in qualche modo interessati :
dagli artisti che facevan i bozzetti,
ai pittori dilettanti o provetti.
Furon nomi famosi i primi autori
e furon chiamati perfino dei signori
che della cartapesta insegnassero il mestiere,
e con quale ardore e con quale piacere
si posero essi stessi a costruire
con passione e amore a non finire,
svelando i segreti del colore
ma soprattutto mettendoci il lor cuore.

Davvero tutta la città era unita,
ogni diatriba o discussione era finita,
non importa che fossero i "preti"
ad aver avuto l'idea, perchè tutti i ceti,
tutti i partiti e le comunità
eran d'accordo tutti per la festa della città,
tanto più che così la famiglia
si trovava unita dalla madre alla figlia.
Le nonne tagliavano e cucivano,
le mamme truccavan e rifinivano,
i figli non stavan nella pelle
e correvan or dalle une or da quelle,
mentre i papà, gli zii e i cugini
lavoravan nei capannoni o magazzini.
A tutto si pensava, ad ogni particolare :
al Rabachèn che si doveva ricreare
come simbol del Carnevale pesarese,
però con poco e senza tante spese,
e la statuetta omonima da donare
a chi per primo si sapeva classificare
e il calesse col cavallo e col cocchiere
che da Gabicce si noleggiava per quelle sere.
Quanta festa, quanta quanta allegria
in ogni gruppo, famiglia o compagnia :
non c'era tutta quella competitività
che in ogni campo c'è ora o in ogni attività ;
che tutto fosse bello si voleva
e si faceva perchè a tutti piaceva
e ognuno metteva la sua abilità,
la sua intelligenza e capacità.
Allor si lavorò di fantasia,
con le favole e con la loro malìa,
ma ebbero successo pur le canzoni
soprattutto del festival di certe occasioni :
così Biancaneve non puoi scordare
o Pinocchio che non vuoi dimenticare,
ma anche "La casetta in Canadà",
che fu un successo che non puoi obliar.

Il bello è che ogni anno si ricrea
quell'atmosfera e ognuno in essa ancora un po' si bea :
cambian gli autori, i temi, i modelli
i soggetti davver non son più quelli;
non scendon più dai Paesi quaggiù
perchè ogni paese o quasi lo fan su,
non si trovan più gli spazi ampi e coperti,
anzi ormai neppur quelli scoperti,
eppur resta sempre una gran bella festa,
in cui ognun o cambiando vesta
torna bambino e ritrova l'allegria,
la spensieratezza e la compagnia,
oppure lavorando con sudore
è contento perchè dona l'amore,
e si sa che donando si riceve
e la fatica si scorda ed è pur lieve.
Non c'è politica di Pari Opportunità
o della famiglia come questa qua,
dove senza tanti discorsi e in concretezza
si attuan questa e quella in pienezza,
con un merito in più, che non è poco,
che tutti quanti sono in..."pari gioco",
dove c'è dei bambini la felicità
e quindi di tutti e di tutta la città.
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